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Bushcraft:

l'arte del ritrovare il contatto con la natura

di Andrea Guidoboni

OUTDOOR

26/11/2023

Bushcraft: l'arte del ritrovare
il contatto con la natura

Andrea Guidoboni 

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Bushcraft: di cosa parliamo?

Ultimamente sempre più in voga come disciplina e stile di vita, il bushcraft si sta facendo largo nella modernità più assoluta, rispondendo al richiamo di coloro i quali, assoggettati da città caotiche e routine stringenti, ricercano un contatto più intimo con sé stessi, con la natura e il territorio che li circonda, alimentando sete di avventura e scoperta. Etimologicamente il termine Bushcraft è formato da due parole: “bush”ovvero “foresta/bosco” e “craft”, “creare”, e intende andare a raggruppare tutte quelle tecniche e conoscenze primitive utilizzate prima dell’avvento della tecnologia dai nostri antenati per sopravvivere e prosperare nel mondo naturale. Il termine comincia a diffondersi e a diventare di uso comune dall’800 in Australia e Sudafrica, diventando col passare del tempo un termine atto ad indicare  tecniche e capacità utili a sopravvivere e prosperare in un contesto non-civilizzato.

Ormai diffuso a livello mondiale, tale termine si è ricavato un posto nell’immaginario comune anche grazie a personalità di spicco del settore quali Dave Canterbury, che col suo best seller “Bushcraft 101”, ha delineato ampiamente le tecniche di tale disciplina.

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Bushcraft 101, il bestseller di Dave Canterbury

Differenze tra bushcraft e survivalismo

Sarebbe riduttivo e fuorviante associare bushcraft e survivalismo pensandoli come discipline uguali.

Senza dubbio condividono conoscenze e tecniche, ma ciò che differenzia enormemente questi due mondi apparentemente simili è il fine al quale tendono. Il Bushcrafter, ovvero colui che pratica tale disciplina, ricerca volontariamente l’immersione nella natura incontaminata, vivendola come una dimensione di pace ed armonia; lo fa per comprendere le proprie capacità e instaurare un legame più profondo con sé stesso e le sue origini di essere umano. C’è un intento di ricerca e di permanenza nel suo contatto col mondo naturale, non di fuga.

Forse è proprio questa la differenza chiave col survivalismo, inteso come pratica di sopravvivenza in contesti di emergenza o pericolo, atta a garantire quanto prima il ritorno ad un contatto con la civiltà.

In sostanza, il survivalismo insegna a cavarsela in una condizione di pericolo in cui ci si ritrova involontariamente, contrariamente al bushcraft dove, volontariamente, ci si adopera per restare quanto più possibile in un contesto naturale.

Conoscenze base

Il bushcraft raccoglie un insieme assai variegato di conoscenze e tecniche da applicare al fine di rendere la nostra permanenza in natura la migliore possibile ed evitare di farci trovare impreparati in qualsiasi contesto. Le conoscenze necessarie sono sia pratiche che mentali. Un’adeguata preparazione psicologica, infatti, può aiutarci tanto quanto quella pratica nel superare tante situazioni difficili.

Nella pratica del bushcraft si cerca di attingere quanto più possibile alle risorse naturali e all’utilizzo di un equipaggiamento ridotto all’indispensabile. Lo scopo è quello di poter arrivare ad una conoscenza tale del proprio equipaggiamento e dell’ambiente naturale da consentirci di sfruttare anche un singolo attrezzo in più ambiti di utilizzo. Spesso la mera conoscenza teorica non basta a fronteggiare la pratica,

dunque è sempre preferibile acquisire quanta più conoscenza sul campo possibile. Nello specifico, per praticare bushcraft avremo bisogno di conoscere a fondo discipline come:

● orientamento (utilizzo di cartine, gps, bussola)

● foraging (saper riconoscere piante e funghi commestibili)

● accendere un fuoco in natura

● allestire e organizzare un campo base

● potabilizzare l’acqua

● utilizzare e conservare strumenti da taglio

● nodi da utilizzare sul campo

● conoscere flora e fauna locale

 

È dunque necessario avere una conoscenza base del mondo naturale a 360 gradi, che ci permetta di avere consapevolezza di ciò che intendiamo affrontare e ci

garantisca di farlo in piena sicurezza.

Pratica ed equipaggiamento

Il tipo di equipaggiamento che dovremo portare con noi è sicuramente un punto chiave per affrontare la nostra prima uscita in natura. Strumenti e attrezzi indispensabili che chiameremo “gli immancabili” e

che ci accompagneranno in ogni avventura. Tra questi troviamo:

 

Attrezzi da taglio.

Da scegliere in base alle necessità personali, possono dividersi in: coltello, ascia, accetta, sega, multitool ecc., utili in particolare fabbricare attrezzi.

Strumenti per accendere un fuoco.

Si dividono in: accendini, pietre focaie, ferrocerio (acciarino) e, per i più creativi, la lente d’ingrandimento.

Strumenti contro il freddo.

Si può optare per un classico sacco a pelo adatto alle temperature che troveremo durante la nostra uscita, oppure per una coperta pesante di lana se il clima non è troppo rigido.

Di particolare importanza anche il materassino isolante che andremo a porre tra il nostro sacco a pelo e il terreno che ci permetterà di non disperdere calore a contatto col terreno, importante valutare l’indice R del materassino che andremo ad acquistare in base alla stagione in cui lo utilizzeremo.

Contenitori e pentole.

Applicabili in diversi contesti e utilizzi, possono tornare utili sia per cucinare che per raccogliere cibo/acqua e facilitarne il trasporto.

Cordame.

Portare con noi diversi gomitoli di cordame è sempre una buona scelta. Raccomando l’utilizzo del classico e resistente Paracord, utile per costruire ripari, unire materiali e costruire attrezzi utili nei più svariati fini.

 

Lo step successivo sarà mettere in pratica le conoscenze apprese e testarle sul campo, in modo da acquisire esperienza e consapevolezza sia delle capacità che delle mancanze riscontrate. Si può cominciare dal cercare la prima area naturale vicina alla nostra abitazione, preparare tutto l’occorrente e metterci in marcia verso la destinazione.

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Esempio di attrezzatura per bushcraft (istockphoto)

Durante la nostra prima esperienza non sarà necessario allontanarsi particolarmente, soprattutto se non si è pratici nell’orientamento, uso di cartine e GPS. Sarà sufficiente stare a 500 metri dal luogo in cui, ad esempio, abbiamo parcheggiato l’auto. Pian piano potremo spingerci oltre, ma solo una volta che ci sentiremo sicuri di ciò che stiamo facendo e avremo guadagnato fiducia nella pratica.

Sul territorio Nazionale ci sono diverse realtà che contribuiscono al mantenimento, divulgazione e sviluppo delle tecniche di sopravvivenza e della disciplina del bushcraft, offrendo corsi di formazione e vere e proprie accademie per diventare esperti del settore riconosciuti e tutelati.

L’ente principale che si dirama a livello nazionale è la F.I.S.S.S (federazione italiana survival sportivo sperimentale) presente sul territorio dal 1986 e che da allora si occupa di formare e accompagnare professionisti e diportisti nel loro percorso di crescita e sviluppo in tale ambito.

Nel caso in cui si volessero approfondire le tecniche del bushcraft e praticarlo sentendosi più sicuri nel primo approccio a tale disciplina, rivolgersi agli enti predisposti è sicuramente la scelta migliore e quella che mi sento di consigliare a priori.

Etica e benefici

L’etica che sta dietro questo tipo di disciplina è strettamente legata al mondo naturale e ai suoi ritmi.

È una sorta di percorso, di cammino, del quale si può determinare l’inizio ma mai la fine.  Di fatto, vivendo quanto più tempo a contatto con la natura, impariamo costantemente, in un atto di co-creazione che passa dall’esterno quanto all’interno di noi stessi. Viviamo l’esperienza con l’orecchio proteso ad ascoltare, trovando meraviglia in ogni angolo. Contrariamente alla città, che porta con sé un costante confronto con l’esterno, la natura rimette a noi il modo in cui desideriamo viverla, offrendoci un dono inestimabile: la libertà.

Il rispetto per l’ambiente in cui ci si trova è alla base di questo tipo di disciplina, il motto “take only memories, leave only footprints”, letteralmente, “raccogli solo ricordi, lascia solo impronte” deve riecheggiare in noi come monito, ricordandoci di lasciare ogni luogo che visitiamo come lo abbiamo trovato prima del nostro arrivo.

È scientificamente provato che passare del tempo in natura apporti benefici sia a livello fisico che mentale.​ 

I giapponesi hanno coniato un termine specifico per indicare questa  condizione: “Shinrin-yoku”.

Il termine è usato per indicare un momento di totale immersione nella natura che porta con sé benefici a lungo termine. Gran parte dei benefici legati a questo mondo sono comprensibili una volta vissuti a livello personale: solo praticando questo tipo di attività sulla nostra pelle comprenderemo a fondo l’effetto che ha su di noi.

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illustrazione di Victor Annibalini

Bushcraft e mondo moderno:
due realtà agli antipodi?

È curioso come una disciplina con basi primitive come il bushcraft trovi sempre più terreno fertile in un’epoca come quella in cui viviamo: le riflessioni che ciò porta con sé sono molteplici. Si può osservare il fenomeno da un punto di vista evolutivo: per millenni i nostri antenati sono stati nomadi, cacciatori e raccoglitori, vivendo a stretto contatto con la natura e ciò che aveva da offrire. Allo stesso modo, i nuovi contesti cittadini sviluppatisi nell’era post-moderna sono relativamente giovani rispetto ai contesti presenti prima delle due grandi rivoluzioni industriali. In questo mondo ultra-urbanizzato, il bushcraft e le pratiche che ci portano al di fuori di questi contesti paiono essere una sorta di riscoperta. Il senso di comunità e di appartenenza passa in primis dalla condivisione di momenti semplici, di contatto umano e presenza. Allontanandoci anche per un attimo dai costanti stimoli e distrazioni della vita moderna, riusciamo a ritrovare un contatto vero, puro e autentico con noi stessi, con l’altro e con il mondo che ci circonda, senza sentirci sopraffatti dai continui e rapidi cambiamenti della modernità. Risvegliamo così il contatto profondo con il mondo naturale che è scritto nel nostro DNA, e che affonda le sue radici nella nostra storia evolutiva.

Questa riflessione non vuole essere un invito alla fuga, un'apologia alla “into the wild” o un monito ascetico, quanto più un invito al tornare a sentire ed essere umani nel più vero senso del termine, attraverso un contatto spontaneo con la natura e i suoi insegnamenti, che possono essere integrati al mondo e al modo in cui viviamo.

Si potrebbero scrivere interi libri sul mondo del bushcraft, eppure, come detto in precedenza, per comprendere a fondo una tale pratica, non possiamo far altro che immergerci in essa in prima persona.

Non resta dunque che prendere lo zaino e andare a scoprire un mondo vastissimo che aspetta solo di essere scoperto e, chissà, forse trovare le risposte che stiamo cercando.

Commenti (1)
Guest
Dec 02, 2023

Ricco di spunti di riflessione

Grazie


Francesca

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