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Il ritorno del bramito

di Laura Antiquario

NATURA E CONSERVAZIONE

19/11/2023

Il ritorno del bramito

Laura Antiquario

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Bramiti d'amore

Sono una guida escursionistica ambientale: il mio lavoro consiste nell'accompagnare i clienti sui sentieri e, soprattutto, nel raccontar loro la natura e la montagna.

Tra tutte le storie che la natura sa offrire, ce n’è una che ogni volta mi colpisce sopra tutte: il bramito del cervo, quel ruggito con cui i maschi affermano la loro superiorità sui contendenti e attirano le femmine in estro.

Nel periodo degli amori (tra settembre e ottobre) le mandrie di cervi, che durante il resto dell’anno  sono divisi per sessi, si aggregano formando unità composte da un maschio dominante e da un gruppo di femmine che prendono il nome di harem. Per conquistare le cerve i maschi si affrontano inizialmente a distanza in un confronto vocale ma, se questo non è sufficiente a determinare il vincitore, possono passare prima a delle parate rituali e, successivamente, arrivare anche a degli scontri diretti.

È stato per il bramito che ho iniziato a organizzare fine settimana in tenda, invitare amici e amiche a camminare insieme, leggere e rileggere libri e articoli per raccontare storie di selvatici intorno al fuoco e, infine, diventare a tutti gli effetti una guida.

Ma perché proprio per gli amori dei cervi? In fondo ci sono un’infinità di luoghi incredibili, panorami selvaggi, escursioni emozionanti e animali meravigliosi. Una prima ragione potrebbe essere che i cervi, pur essendo relativamente facili da avvistare, non si mostrano troppo spesso ai nostri occhi. Bisogna poi considerare la ciclicità dell’evento: ogni anno lo spettacolo si ripete, puntuale e sempre simile a sé stesso. È un appuntamento fisso, che segna in maniera inequivocabile l’inizio dell’autunno. Visto poi che le settimane a disposizione sono poche e le escursioni non si possono rimandare troppo a lungo, non ci sono piogge, vento o impegni umani che mi trattengano dal rincorrere il poderoso suono del bramito nei boschi.

Penso, tuttavia, che il nodo cruciale sia questo: ascoltare il bramito è un’esperienza potente, atavica, che ci riconnette alla natura. Quel richiamo primordiale che ci vibra nel petto è diverso da qualunque altro suono sentito prima: odora di selvatico, è organico, vivo, chiaro, non riconducibile a nessun aspetto della nostra quotidianità. Collide con il nostro mondo urbanizzato, fatto di tempi e modi uniformati, un’accozzaglia di rumori indistinti.

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Cervo maschio con il suo harem (Gianluca Damiani)

Il bramito è improvviso, erutta dalle profondità del bosco appena scendiamo dalla macchina, o dopo ore passate a strizzare le orecchie per captare ogni possibile suono: non possiamo programmarlo, possiamo solamente attenderlo.

Per me vige una regola fondamentale nell’approccio al mondo selvatico: disturbare il meno possibile gli altri esseri viventi con cui condivido il bosco. Mi è fondamentale allora saper riconoscere vocalizzazioni, impronte e marcature per comprendere al meglio il territorio in cui mi trovo, e comportarmi di conseguenza.

Per quanto l’incontro con un animale selvatico sia sempre un momento emozionante, anche cercarne le tracce custodisce un fascino tutto suo: interpretare i segni di presenza ci restituisce infatti un’immagine nitida dell’animale, pur senza vederlo direttamente.

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Cervo maschio durante il bramito (Francesco Abatini)

Vicini di casa

Qualche anno fa ho lasciato la città per trasferirmi in montagna, e ora ho un cancelletto che si affaccia sul bosco. Ben presto ho scoperto che si trattava di un territorio di recente ricolonizzazione da parte dei cervi: la Val di Susa ospita ricche popolazioni di questi animali, ma nella mia zona c’erano stati solo avvistamenti sporadici.  Dopo qualche mese dal mio trasferimento ho iniziato a trovare numerose impronte inconfondibili, eppure per un attimo mi sono chiesta se non mi stessi sbagliando. Continuando a cercare tracce della loro presenza e piazzando fototrappole lungo i loro punti di passaggio, ne ho avuto la definitiva conferma e, dopo poche settimane, sono riuscita a fototrappolare due giovani cervi maschi.

Nei mesi successivi ho poi ripreso numerosi cervi, ho trovato scortecciature, impronte ed escrementi, ho scovato un palco e quest’anno sono infine riuscita a incontrarli: per la prima volta, dopo due anni e mezzo di tracciamenti, ho dato un corpo fisico a individui a cui avevo dedicato così tanti pensieri.

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Scontri tra due cervi adulti ripresi con l'utilizzo di fototrappole (Ivan Salieri)

Un momento carico di emozione è stato sentirli bramire per la prima volta: riuscire ad ascoltarli aveva la stessa importanza del riuscire a vederli. Le vocalizzazioni sono un segno di presenza come altri, ma in questo caso avevano un valore diverso: in parte per la poesia dell’ascolto ma, soprattutto, perché avrebbero significato la scelta dei cervi di abitare stabilmente la montagna. Capita infatti che dei maschi erranti esplorino nuove zone ma, se durante il periodo degli amori non incontrano delle femmine, spesso ritornano sui loro passi; se, invece, gli incontri avvengono, ecco che iniziano i corteggiamenti.

La prima volta quel suono era lontano e vago, come se i cervi fossero incerti sulla scelta del territorio; anche l’anno successivo l’ascolto è stato difficoltoso, pochi i bramiti confusi nella nebbia. Quest’anno, finalmente, sono riuscita ad ascoltare dei concerti, con quattro o cinque animali che si rispondevano alla luce della luna, le voci tonanti e decise: ormai, ne sono certa, la montagna di casa mia è tornata a essere una terra di cervi.

Eppure esistevano da ben prima che mi accorgessi del loro ritorno, o che se ne accorgessero altri esseri umani: sicuramente la loro presenza era da tempo tangibile agli occhi dei lupi, in cerca di nuove prede, e dei caprioli, con cui competono per il cibo.

Mi colpisce quanto mi sia affezionata a due maschi in particolare, dei quali mi sono convinta di aver seguito la crescita e intuito gli spostamenti. Fuggono la presenza umana (ed è giusto che sia così), non sono animali domestici  (e non vorrei certo il contrario), eppure provo nei loro confronti un trasporto diverso da quello che nutro per cervi incontrati in altri luoghi: per me sono diventati dei vicini di casa, come la capriola che la sera bruca nel prato di fronte al cancelletto e la signora che dalla borgata cammina per il bosco recuperando legna da ardere.

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Il bramito del cervo ripreso con l'utilizzo di fototrappole (Ivan Salieri)

Di cervi e umani

Il sentimento che provo per gli animali selvatici è un amore non ricambiato, un amore che non ammette il possesso: un amore che è autentico perché è libero.

Credo da sempre nelle relazioni interspecifiche. Fin da bambina cani e gatti sono stati membri della mia famiglia, e anche oggi voglio bene alle mie cagne quanto loro ne vogliono a me: si tratta certamente di un amore ricambiato. Con i selvatici invece mi è ben chiaro quanto sia necessario che il mio interesse nei loro confronti rimanga unidirezionale: sarebbe relativamente facile invitare una volpe con offerte di cibo o allevare una ghiandaia caduta dal nido dandole l'imprinting sbagliato. Del resto, anche senza un contatto diretto, si tratta comunque di una relazione: curiosità, rispetto, fascinazione. Ogni volta che tento di ricostruire i movimenti, le abitudini e le vite dei cervi, mi sto relazionando con una parte di loro. Attraverso questi rapporti a distanza, gli animali selvatici mi hanno insegnato tanto, e col mio lavoro provo a trasmettere la pazienza dell’attesa, la ricerca attenta, la capacità di comprendere un ambiente provando a osservarlo con sguardi diversi dal mio e, soprattutto, il rispetto della libertà altrui.

Non mi resta dunque che continuare a seguire le tracce lasciate dai cervi sulle montagne di casa.

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Il bramito del cervo nel bosco della Mesola (Davide Meggiorini)

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