Energia rinnovabile e sostenibilità
Stiamo vivendo la sesta estinzione di massa, ma a differenza delle precedenti cinque non è un fattore ambientale esterno come fu il meteorite per i dinosauri a rendere improvvisamente il mondo inospitale alla vita, questa volta è l’operato di un'unica specie a minacciare tutte le altre.
La crisi climatica è la maggiore anomalia causata dall’uomo al pianeta. Tale sconvolgimento globale non si riversa unicamente sulle altre specie, ma danneggia fortemente anche gli esseri umani e soprattutto le popolazioni più vulnerabili. Questa situazione prende il nome di ingiustizia climatica. I paesi in via di sviluppo, che hanno contribuito in misura minore alle emissioni di gas serra, sono quelli che stanno già pagando il prezzo più alto. I popoli più poveri sono anche quelli più esposti agli effetti della crisi climatica, poiché vivono in aree più a rischio, hanno meno risorse per rispondere ai cambiamenti e hanno meno possibilità di accedere ai servizi di protezione sociale.
In Africa, i periodi di siccità sono sempre più lunghi e le inondazioni stanno causando carestie e migrazioni di massa. In Asia, l'innalzamento del livello del mare sta minacciando le isole e le comunità costiere. In America Latina, gli eventi meteorologici estremi stanno distruggendo le colture e i mezzi di sussistenza delle popolazioni rurali. È necessario, dunque, che i paesi responsabili delle emissioni di gas serra si assumano le proprie responsabilità e forniscano agli altri paesi il sostegno necessario per affrontare gli effetti del cambiamento climatico.
In questo contesto è fondamentale un repentino cambio di rotta dei paesi produttori di gas serra, verso sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili. Tuttavia, non sempre e non dappertutto rinnovabile è sinonimo di sostenibile. L’energia del sole, del vento o del moto ondoso è infatti diffusa e sostanzialmente inesauribile, ma i sistemi creati per raccoglierla e canalizzarla prevedono un impatto ambientale che va assolutamente calcolato per evitare che la relazione costi e benefici non penda sui primi. Se un pannello fotovoltaico su un tetto di una casa in un’area intensamente urbanizzata ha un impatto pressoché nullo, un impianto di centinaia di pannelli messi a terra in un’area naturale riduce drasticamente la biodiversità presente compromettendo la sopravvivenza di moltissime specie presenti. Proprio per questo per opere di questo tipo sono previste le valutazioni d’impatto ambientale (dette V.I.A).
In Europa, in questa corsa all’energia rinnovabile, l'eolico è al primo posto come fonte utilizzata. La crescita è stata esponenziale: nel 2003, l'eolico forniva solo l'1,5% del fabbisogno elettrico dell'UE, nel 2013, la percentuale era salita al 6%. Nel 2023, la percentuale ha raggiunto il 17%. Questo vortice di rinnovamento sta conferendo sempre maggiore importanza all’energia eolica facendo fiorire “fattorie del vento” sempre più estese e in sempre più ambienti. Tuttavia, la costruzione di impianti eolici può avere un impatto negativo sulla fauna selvatica, in particolare sugli uccelli. L'esempio più evidente di questo impatto negativo è la collisione degli uccelli con le pale delle turbine.
Anche in Italia, gli impianti eolici fanno ormai parte del paesaggio (Francesco Colonna)
Impianti eolici e avifauna
Si stima che ogni anno in Europa vengano uccisi da 12.000 a 32.000 uccelli a causa di collisioni con turbine eoliche. I tassi di mortalità variano a seconda della specie, dell'ambiente e soprattutto dalla posizione dell'impianto eolico.
Gli impianti eolici possono avere anche altri effetti negativi sugli uccelli: il disturbo indotto dalla presenza delle torri eoliche, il rumore e la luce possono cambiarne profondamente il comportamento. Il rumore delle turbine può ostacolare le attività di alimentazione ma soprattutto quelle di nidificazione, in quanto sia le fasi di corteggiamento che quelle d’interazione con i pulcini di norma prevedono numerosi scambi sonori, che l’inquinamento acustico copre silenziandoli.
Nei pressi di un impianto, le note emesse da un maschio in canto dopo qualche metro spariscono nel rumore di fondo e non potranno essere ascoltate dalle femmine più lontane. Se anche l’incontro avviene dopo la schiusa, i piccoli che pigolano per la fame rischiano maggiormente di restare inascoltati.
La luce delle turbine può causare disorientamento negli uccelli migratori notturni, aumentando il rischio di collisioni. Una fitta presenza di torri eoliche in un valico montano altamente frequentato dagli uccelli può indurli a evitare il valico, scegliendo un percorso più faticoso e sottraendo loro un sito strategico. Nel caso in cui il transito migratorio continui, aumentano le probabilità di schianto contro le pale in rotazione. Anche la costruzione dell’impianto ha un impatto, con la perdita di habitat, la frammentazione ambientale e l'amplificazione dei sistemi ecotonali.
Gli impianti eolici possono avere un alto impatto anche sugli uccelli migratori (istock photo)
Per minimizzare l'impatto degli impianti eolici sugli uccelli, è importante adottare misure preventive e mitigative. Tra le misure preventive, rientra la scelta oculata dei siti di installazione, che dovrebbero essere fuori dalle aree protette, come le ZPS (Zone di Protezione Speciale) le IBA (Important Bird Areas), i SIC (Siti d’Importanza Comunitaria), le ZSC (Zone Speciali di Conservazione) e lontane da zone rilevanti per la conservazione dell’avifauna, come "i colli di bottiglia" per gli uccelli migratori, i siti riproduttivi di veleggiatori come aquile ed avvoltoi e siti di concentrazione di svernanti, o da aree dormitorio come quelle di aironi e cormorani. Le azioni di mitigazione possibili sono specifiche per ogni sito, e rientrano nella realizzazione di studi di impatto ambientale il monitoraggio degli uccelli nelle vicinanze degli impianti eolici e la messa in atto di piani di gestione dell'impianto e della fauna selvatica.
Nibbio reale a caccia vicino a un impianto eolico ( Carlo Fracasso )
Impianti offshore e prospettive future
L'aspetto più importante per conciliare produzione di energia eolica e biodiversità è la scelta oculata delle aree in cui costruire gli impianti. Se questa pianificazione sulla terraferma può essere supportata da una buona conoscenza territoriale, da decenni di bibliografia dedicata alla distribuzione dell'avifauna (Atlanti Nazionali, regionali e provinciali, modelli di distribuzione spaziale delle singole specie o comunità e proiezioni in scenari futuri che considerino diverse ipotesi di uso del suolo), la pianificazione in mare per gli impianti eolici offshore risulta decisamente più complessa per le lacune conoscitive riguardo alla distribuzione degli uccelli in mare e a come questa cambi nel tempo e in base a quali parametri ambientali. Per ovviare a questa carenza di dati, negli ultimi anni sta venendo finanziato il monitoraggio degli uccelli in mare attraverso procedure scientificamente attendibili, per restituire delle carte di vulnerabilità a scala fine che ci possano indicare le aree del mare più idonee al collocamento degli impianti. In ogni caso, gli impianti eolici offshore esattamente come quelli a terra sono preceduti da studi d'impatto ambientale, che possono prevedere transetti in mare, utilizzo del radar in siti costieri, e analisi dei tracciati GPS disponibili di migratori sul mare o uccelli pelagici.
La produzione di energia si sta convertendo sempre più velocemente dai combustibili fossili alle rinnovabili. Questa trasformazione non deve travolgerci come uno tsunami che inonda di turbine e pannelli i territori non rispettando i tempi di una pianificazione attenta e consapevole. Non bisogna accontentarsi di cambiare la critica condizione ambientale in cui versiamo, ma bisogna pretendere di migliorarla. Per farlo, è dunque necessario conoscere gli effetti positivi e negativi delle soluzioni messe in campo per gestirle al meglio.
Impianti eolici offshore (istock photo)